Cala
di Volpe, 25 Luglio 2009
Alessandro
Atzori: My Donna Summer Show
- Il resoconto
del concerto di Donna in Costa Smeralda da un punto di vista
davvero speciale...
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SOUNDCHECK
Sono le 14 e 50, guidando sui tornanti che portano al Cala di
Volpe già intravedo lo scheletro metallico che mi accoglierà
di lì a breve. Sono miracolosamente in orario, nonostante
il viaggio, e chiamo il mio contatto, il promoter italiano, per
vedere dove e come incontrarci.
Lo riconosco senza bisogno di presentarci: è palesemente
quello con un diavolo per capello!
Ha da curare le esigenze di ventidue americani, band, crew, accompagnatori
vari, più una vera regina, considerando che tutto viene
costantemente chiesto a lui, unico assieme a me e pochi altri
a parlare Inglese fluentemente.
Insomma si mangia velocemente, cerco di fargli capire che sono
lì per suonare e di sicuro non per aggiungere altri problemi
a quelli che già ha, e lui mi spiega che in effetti è
un po' fuso perché: Sai com'è, gli americani! Già,
gli americani: la mia esperienza prevede qualche musicista singolo
dagli US, più band inglesi ospiti in Francia, Belgio,
Olanda, Scozia, Galles, Irlanda, ma mai una band di undici elementi
al completo arrivata direttamente da oltreoceano.
Chiedo al promoter, così per fare conversazione, se hanno
mandato scheda tecnica (elenco di attrezzature richieste da trovare
in loco per eseguire il concerto, ndr.) per poco mi scoppia a
piangere: scheda tecnica? Hanno mandato un volume che al confronto
Dante Alighieri sarebbe impallidito.
Gli chiedo che aria tira, così come ambiente, mi risponde
che sono ultra precisi e maniacali su tutto!
Già penso, cominciamo bene.
Ma non ho il tempo di pensare, siamo già nel parcheggio
retro palco e già sento i noti ma adrenalinici suoni da
soundcheck, note sparse che svolazzano nell'aria come impazzite,
ma mai percepite così dolci.
Allora se immaginate scene del tipo: "buongiorno miei cari
bambini, questo è Alex, il percussionista per oggi, salutatelo
e fate amicizia, mi raccomando!, beh state sbagliando indirizzo.
Qui ci sono dieci musicisti, più dieci membri della crew,
ognuno stra-indaffarato nel vitale compito di quel momento, non
vedono neanche cosa succede al loro vicino di palco.
Arrivo dal backstage, e la prima visione che ho è una
ragazza intenta a stirare una decina di livree prima tutte in
bianco, poi tutte in nero. (Io penso ai miei abiti in macchina
che han preso vento calore polvere dal viaggio e non so se ridere
o piangere).
Imbocco le scale ed eccomi a casa: la visuale da lassù
è spettacolare, mare, piscina, colori di macchia mediterranea
e un parterre di tavoli che sembra un'enorme bomboniera. Ma ancora
non ho tempo di pensare, devo vedere cosa mi ha fornito la backline,
provo gli strumenti, faccio due calcoli, aggiungo ciò
che mi serve, sposto e regolo. E qui accade la magia: la tensione,
l'emozione, spariscono! Succede spesso così quando a un
musicista metti in mano il suo giocattolo: di solito GIOCA e
si dimentica di tutto!
Per ora però gioco da solo: domino il palco, vedo tutti
ma sono fondamentalmente alle spalle di tutti tranne George (Perilli,
ndr.), il batterista: premetto che nelle mail il Direttore artistico
Harry Sharpe, tastierista e "direttore" anche della
band (e di fronte a me in quei momenti, solo che io non lo sapevo
ancora!!!) mi aveva detto di non preoccuparmi troppo visto che
il batterista mi avrebbe aiutato nel congegnare i pezzi nel modo
migliore; mi aspettavo quindi almeno con lui un rapporto più
immediato, visto che avremmo dovuto lavorare in simbiosi per
tutta la serata.
Lui è lì, fa i suoi esercizi di riscaldamento,
regola il mixer con metronomo e campioni vari, regola il suo
ear-monitor, parla di arrangiamenti con un po' tutti, insomma
non si ferma un attimo per scambiare due parole. Al che devo
reagire!
Dopo aver disposto il mio set, semplicemente mi attacco con le
mie parti a qualsiasi groove che senta nell'aria! Sia di batteria,
di basso, di chitarra, di sole voci.
E i risultati cominciano ad arrivare! Randy Ray Mitchell, alla
chitarra, un aria così cool and relaxed che non la ottieni
neanche con 7 anni in Tibet, proprio sotto di me si gira e mi
sorride col famoso "thumb up" (pollice all'insù:
indica approvazione! Evvai!); dopo pochi secondi è la
volta di Latasha Walker-Alford, una delle tre coriste alla mia
destra sul palco, stesso gesto e sorriso solare.
Già sono un po' più tranquillo, ma manca la prova
del nove.
Abbandono un secondo la mia postazione, e nel retro palco mi
si avvicina un ragazzone che più americano non si può,
sembrerebbe californiano ma è di Nashville, Tennessee:
"Hi I am John! Nice to meet you, good job up there!....,
mmmm, così cominciamo a ragionare.
Tempo qualche minuto e capisco che quell'Harry alla tastiera
non è solo un tastierista, ma anche il "mega direttore
galattico" della parte artistica dello show, cioè
colui con cui ho discusso via mail tutti i dettagli. Ehm. Costume,
parti da suonare, interpretazione dei brani, logistica, etc etc.
Anche lui è molto sorridente e disponibile: "What
you are doing is fine, just sit in and be appropriate, and it'll
be fine! (Ciò che stai suonando è ok, colora i
brani e rimani in stile e tutto andrà bene!). Anche questa
è musica per le mie orecchie!
Manca solo George. L'uomo su cui dovrò appoggiare i miei
ritmi, senza rompere le scatole ai suoi, non so neanche ancora
come si chiama!
Sono preoccupato, lo ammetto. Ma verso fine soundcheck si gira
un secondo, altro sorriso a trentadue denti, e mi urla "Just
groove man!!!!! Have fun!!!! (praticamente goditi la musica e
divertiti!); beh se voleva mettermi a mio agio c'è riuscito
alla grande!
Souncheck finito, pare, ma manca qualcosa: sua maestà
in persona!
Dovrebbe arrivare a minuti, tutti scrutano l'orizzonte (da una
posizione all'ombra, sono americani per la maggior parte bianchi
e si stanno cuocendo), ma poi arriva la comunicazione via radio
(già perché tutta la crew è collegata via
radio), troppo caldo, ci farà sapere la scaletta più
tardi, dalla camera d'albergo. No problem, uno dei tecnici di
palco si mette nella sua posizione e regola il tutto secondo
il mix personale che The Queen desidera.
Sono circa le 18, la prima parte è superata.
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LO SHOW
Dopo doccia, cena e chiacchiere varie è ora di tornare
alla venue, appuntamento per le 21 e 30, showtime tra le 22 e
30 e le 23.
L'inizio è tragicomico. Arrivo con i miei abiti negli
eleganti gazebo a bordo piscina adibiti a dressing room, entro,
faccio due passi, e un ragazzo della crew mi dice in modi non
molto urbani che quella non è la nostra stanza. Mi guardo
attorno, ci sono Randy il chitarrista e John il bassista che
chiacchierano, mi pare strano ma saluto e esco.
Tempo cinque secondi mi sento chiamare e toccare la spalla: è
il ragazzo della crew che si scusa trecento volte e in dodici
lingue per non avermi riconosciuto, è mortificato mi riporta
dentro e mi offre addirittura da bere vista la figuraccia! Dentro
la stanza l'ambiente non è molto rock & roll, qui
si lavora e sul serio. Ci sono the, caffè, dolci, frutta
e beveraggi vari, l'ambiente è il classico, rilassato
vista l'esperienza di ognuno ma in cerca di concentrazione per
fare quello che comunque deve essere un lavoro ineccepibile e
totalmente efficace.
Tra chiacchere col bassista e col batterista, in perenne riscaldamento
con bacchette di alluminio da quaranta minuti prima di salire
sul palco, e con invece altri musicisti semplicemente in cerca
di angoli silenziosi dove concentrarsi, siamo più, o meno
a mezz'ora dall'inizio.
Finalmente via radio arriva la scaletta, che viene prontamente
inchiodata al palco su ogni postazione.
Tutti i membri della band cominciano a radunarsi sotto le scalette
per il palco, l'ambiente è davvero uno strano ibrido di
tranquillità e concentrazione. Stand by, venti minuti.
Acchiappo le mie bacchette e comincio anch'io il mio riscaldamento.
Stand by, dieci minuti.
La radio gracchia: rinvio di altri dieci... Un po' di nervosismo.
Io e George Perilli saliamo sul palco a fare riscaldamento pestando
le bacchette su, udite udite, due asciugamani candidi forniti
dalla crew a ogni membro della band assieme all'acqua per il
palco. Beh, questo è ciò che chiamo servizio!
Arriva David (Beecham, ndr), production manager, ora manca davvero
niente.
Stand by, cinque minuti, tutti ai posti di combattimento. Al
buio chiaramente.
E qui la vedo: arriva accompagnata da due ragazze, ancora in
abiti "civili" chiaramente, e si infila diretta nel
gazebo a lei riservato, anch'esso collegato via radio. Già.
Infatti a meno due minuti si sente un altro gracchiato standby,
seguito da un minimo di concitazione. Problemi con l'abito, altro
rinvio... Standby. Ready... Ora sento Harry che dice nel mio
monitor: "George"!
E' il segnale. George non si fa attendere: sento staccare i quattro
di inizio piu, forti della mia vita, e via, la giostra comincia!
Si apre, come nei migliori show dove la protagonista è
una diva di tale portata, con solo i musicisti, ma la scelta
è micidiale: si tratta di quella denominata OLD OVERTURE,
che sarebbe una sorta di medley comprendente cinque o sei degli
hits più famosi della Nostra: HARD FOR THE MONEY, MACARTHUR
PARK, BAD GIRLS, HOT STUFF, etc.
Già qui onestamente per un musicista la tensione è
quasi andata, perché quando ti trovi a suonare con una
band che cammina a quel modo, c'è molto poco da pensare
e molto molto molto da godersela!
Attacca MACARTHUR PARK, e arriva lei, a farci capire un po' di
cose...
Come in molti altri pezzi, intro con note lunghe e dilatate,
a esaltare l'immensa vocalità di cui stiamo parlando,
per poi andare a tenere la stessa qualità vocale accompagnata
stavolta da una base dance che fa saltare anche il palco a tempo
sotto di noi.
Già, salta il palco ma ancora la gente no, è una
corporate gig, cioè "privata", il pubblico target
di Cala di Volpe non è esattamente rock & roll.
Lei lo sa, ma appena finita la prima canzone dice che alle sue
serate vuole vedere gente ballare, non seduta sui propri fondi
schiena, e che "The more you dance, the better you feel
(più ballate più state bene) (insomma la polemica
non è stata truce come quella con Zucchero, ma la frecciata
c'è comunque stata!).
E allora vi alzate? Arriva COULD IT BE MAGIC, non c'è
scampo, vi alzate per forza!
E ora, tra quelli che si alzano, quando attacca la successiva
ON THE RADIO, vengono scelte quattro volontarie dal pubblico,
per salire sul palco, fare un po' di cori e un po' di coreografia.
La mossa ha il suo effetto, chiaramente il pubblico si sente
ancora più partecipe, e sulla successiva DIM ALL THE LIGHTS
(cominciata senza la gag in stile Rod Stewart, ndr.) ormai le
danze sono sfrenate, e dal comunque molto coreografico allestimento
di tavolini a bordo piscina sono tutti ormai arrivati sotto il
palco (e vorrei vedere!).
La scaletta è non troppo lunga, si arriva presto all'unica
traccia presa da CRAYONS, l'omonima appunto,
disco del 2008, che miscela parti acustiche ed elettroniche tra
le quali George Perilli ed Harry e Nathan alle tastiere si destreggiano
alla grande. E' il preludio al gran finale.
Si parte con quel manifesto del sexy-groove che è LOVE
TO LOVE YOU BABY, un andamento quasi ciondolante che scioglie
articolazioni e menti ad un ritmo sostenuto ma a suo modo rilassato.
Davvero una goduria...
Da lì in poi signori la setlist è assolutamente
KILLER: non lascia scampo.
Stiamo parlando di ENOUGH IS ENOUGH, HARD FOR THE MONEY, BAD
GIRLS (mia favorita, giuro ho avuto problemi a non cadere dal
palco dall'eccitazione), HOT STUFF, tutte in fila e senza soluzione
di continuità (e tra l'altro eseguite con un tiro che
col passare degli anni vira verso il rock). Staranno ballando
ora? Mmmmm... Credo che con una tale serie di hits se anche si
suonasse a sala vuota sarebbero i tavoli e le sedie per conto
loro, a ballare.
Ormai non so più neanche come mi chiamo, ma è Lei
che me lo ricorda... Le hanno consegnato un foglietto col mio
difficile cognome sardignolo, e comincia a presentare la band
proprio da me, in quanto esterno. And from Cala di Volpe (ehmmm
non esattamente), on percussion, Alex ATZORI... Si gira e mi
guarda un po' come dire "ma come diavolo ti chiami?"
Fortunatamente si passa subito agli altri membri della band (anche
se anche altri due hanno cognomi italiani!), ognuno prende un
solo, quando tocca a lui George mi guarda, no amico non è
il caso, al massimo condisco un po' il tuo. E parte. Sarà
una serata dance ma quest'uomo tira delle mazzate sul suo strumento
che sposta l'aria tutta intorno, me compreso!
Ma ora: potevamo andar via senza una LAST DANCE, last chance
for love?
Non se ne parla neanche, il pubblico lo sa, la band pure, quindi
è un encore ma fondamentalmente non a sorpresa.
Il pezzo come chiusura è perfetto, vocalmente strepitoso,
melodico, ritmico, una perfetta dance machine!
Appunto, pubblico in delirio, ma finisce qui.
Quando iniziano i fuochi d'artificio siamo ancora sul palco,
a luci spente.
L'adrenalina è ancora a mille, il clima è un po,
infastidito dal vento fortissimo che pare abbia non poco disturbato
l'audio, ma mentre saluto mi ferma Warren, sassofonista flautista
tastierista e Dio sa cos'altro, che mi rivolge un gratuito ma
gentile "Good job, we'll see you again!".
Onestamente ne dubito, ma stai certo che anche solo questa volta
mi basterà! Sono sensazioni che rimangono dentro, e che
ti fanno ricordare perché fai il lavoro che fai...
Sono pronto a risalire in macchina, non è previsto un
post gig party, ma mentre mi allontano vedo una golf-buggy, che
prende Sua Maestà, e la porta verso il meritato riposo,
o il meritato festeggiamento, chi lo sa...
THE QUEEN IS BACK, potete esserne certi.
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D come DONNA
Già, THE QUEEN... E' normale per un musicista turnista
non avere grandi contatti con la vera Star della serata: ci si
vede sul palco, e si coglie quel che si può.
Che la Nostra sia una regina non c'è proprio dubbio: non
parlo di atteggiamenti da primadonna o altro, parlo di presenza,
carisma, e soprattutto VOCE!
Come percussionista di solito nel mio monitor di palco faccio
mettere poca roba, prettamente la ritmica. Ma stavolta sapevo
che sarebbe stata un'occasione irripetibile: e allora chiedo
al mio fonico di palco di poter avere nel mix la voce principale,
appunto, e le coriste.
Uno spettacolo! Ho suonato per tutto il concerto "trasportato"
da una vocalità cristallina, potente, calda, emozionante
e tremendamente coinvolgente. Questo è il livello della
Sua performance live: niente esibizioni da vecchia gloria ormai
al tramonto, niente operazioni commerciali per rinverdire antichi
fasti: qui si parla di una entertainer di livello planetario,
una che ancora ti zittisce con solo l'incipit del primo pezzo
in scaletta... Spaventosa.
E qui dovrò per concludere svelare un piccolo retroscena.
La serata comincia con la scaletta da me già illustrata,
la Nostra è fasciata da uno sfolgorante vestito da sera,
che sfuma da scuro a chiaro, e che è davvero in tono con
la classe e la potenza dei pezzi proposti in avvio.
Ma ad un certo punto sparisce, retro palco... Avevo una mezza
idea che ci sarebbe stato un cambio d'abito, ma visto che per
noi musicisti è stato annullato, pensavo lo fosse stato
anche per Lei.
Quindi quando parte la devastante sequenza finale di pezzi di
cui ho parlato, e vedo uscire dal retropalco una figura giovane
e felina, vestita di un tailleur pantalone nero, che comincia
a portare in giro per il palco i musicisti e ad attaccare i classici
storici, beh mi chiedo ingenuamente: CHI E'?
Ovvero, ho pensato di tutto: una delle coriste ha preso il suo
posto (no sono tutt'e tre al loro posto), una figlia o nipote
viene portata in tour per cantare i classici che ormai la Nostra
è un po' "stufa" di cantare (succede anche questo,
ma non è il nostro caso).
Signori quella figura elegante sexy e con la stessa devastante
voce di poco prima era proprio lei!
Completamente a suo agio su quei cavalli di battaglia che ne
hanno contrassegnato la carriera, e ne hanno fatto un'icona per
generazioni sia di fans che di musicisti che volenti o nolenti
hanno dovuto confrontarsi con le innovazioni da Lei portate nella
musica dagli anni settanta in poi.
E se è più difficile al giorno d'oggi essere innovativi,
beh, ascoltatevi CRAYONS e magari ditemi se
non mette in riga decine di dischi di pseudo icone colored
molto dotate fisicamente e vocalmente ma ancora davvero lontane
anni luce da quella che era ed è tutt'ora una vera Diva
con la D maiuscola...
D maiuscola. Come Donna.
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